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Euclid – alla scoperta dell’Universo Oscuro

Presto partirà il nuovo telescopio spaziale dell’ESA: Euclid, come il matematico greco che pose le basi della geometria. Nei giorni prima del lancio abbiamo pubblicato una serie di articoli e infografiche, che qui vi aggreghiamo. Un po’ come un launch kit realizzato da Chi ha paura del buio? su ispirazione di quello ufficiale dell’ESA. Ecco quindi tutto quello che c’è da sapere su questa missione!

Uno dei telescopi più ambiziosi mai costruiti

Immaginate di voler studiare e analizzare qualcosa che non è possibile vedere, qualsiasi sia la tecnologia o la fisica a vostra disposizione: di sicuro penserete che è complicato, no?

Ebbene, lo è. Ecco perché il telescopio spaziale Euclid è incredibilmente ambizioso: il suo obiettivo è ricavare informazioni con un dettaglio senza precedenti sull’Universo oscuro, ovvero il 95% di ciò di cui è composto l’universo che va sotto il nome di Materia Oscura ed Energia Oscura.

Una missione cosmologica quindi, per fare luce sulla storia e la composizione del nostro universo. Per fare questo osserverà un terzo del cielo e studierà oltre due miliardi di galassie, fino a 10 miliardi di anni luce di distanza. Vedere l’invisibile non è però cosa di poco conto, e serviranno quindi tecniche apposite per riuscire nell’intento. Il primo step sarà misurare la luminosità e la distanza di più galassie possibile. Poi bisognerà capire quanto la loro luce è stata alterata dalle componenti oscure del cosmo, durante il suo viaggio verso la Terra.

Per fare questo, Euclid ha a disposizione due strumenti: uno che osserva nel visibile (VIS) e uno nell’infrarosso (NISP), entrambi alimentati dalla luce raccolta da uno specchio di ben 1,2 metri di diametro. Anche il luogo da cui verranno svolte le osservazioni è particolare! Perché Euclid andrà a tenere compagnia al James Webb Space Telescope nel punto di Lagrange L2, a 1,5 milioni di km dalla Terra, dove non verrà disturbato dal Sole, dalla Terra, dalla Luna o dalle nostre attività più “elettromagnetiche”.

Un viaggio lungo 1,5 milioni di km

Anche il viaggio più lungo comincia con il primo passo, e per Euclid questo sarà il lancio a bordo di un Falcon 9 di SpaceX dalla base spaziale di Cape Canaveral, in Florida. Una soluzione che non era quella originalmente pensata per il telescopio, che sarebbe dovuto partire con un razzo Soyuz. Dopo gli avvenimenti di febbraio 2022 il cambiamento di programma è stato inevitabile. Servirà un mese di volo perché Euclid raggiunga la sua posizione operativa, a 1,5 milioni di km dalla Terra.

Questo luogo è il secondo punto di Lagrange, o L2, dove la gravità del Sole e della Terra si compensano e un oggetto spaziale può assumere un’orbita quasi stabile che lo porti a muoversi insieme a quest’ultima. Mentre L1 si trova tra Terra e Sole, L2 si trova in direzione opposta ad essi, e garantisce il buio e la stabilità di cui un telescopio del genere ha bisogno. Come il JWST, anche Euclid non starà fermo in L2, ma ci orbiterà attorno con delle orbite allungate e quasi-stabili, dette orbite di Lissajous. Questo luogo sarà la sua casa per almeno 6 anni, cioè la durata della missione principale.

Una volta a destinazione, 4 settimane dopo il lancio, Euclid non inizierà subito le osservazioni scientifiche, ma avrà bisogno di un periodo di test e di preparazione, noto come “commissioning”. Solo terminata questa fase inizierà la missione scientifica vera e propria, tre mesi dopo il lancio.

Dimensioni e struttura

Euclid è un telescopio spaziale piuttosto grosso. Certo non come il James Webb, ma si difende bene con le sue due tonnellate di massa, propellente incluso.

È composto da tre pezzi principali: il primo è il telescopio vero e proprio, costituito da un tubo ottico (bianco nella grafica) e dallo specchio principale da 1,2 metri di diametro che raccoglie la luce. Uno specchio secondario invia questa luce al piano focale dove ci sono i due strumenti che osservano visibile e infrarosso: VIS e NISP.

Vi è poi il modulo di servizio, che è (detto rozzamente) la navicella che supporterà Euclid nello spazio. Contiene il computer che controlla gli strumenti e tutti i sottosistemi per controllare l’orientamento del veicolo spaziale, dirigerlo nello spazio, distribuire energia, comunicare con la Terra e gestire il trasferimento dei dati.

Infine la terza componente fondamentale è il protettore e generatore di Euclid: lo scudo solare, fatto di materiale termoisolante a più strati (mylar e kapton), similmente a quello per il James Webb. Il kapton è un materiale isolante e molto resistente in un ampio intervallo di temperature (tra 400 e -200 gradi centigradi). Sulla faccia rivolta al Sole lo scudo solare ospita anche i pannelli solari per la produzione dell’energia necessaria.

Gli strumenti di Euclid: VIS e NISP

Euclid è uno dei telescopi spaziali più grandi mai lanciati, ma nonostante questo possiede “appena” due strumenti principali: VIS e NISP. Non bisogna però farsi ingannare, perché si tratta di strumenti molto complicati!

Per prima cosa la luce raccolta dal telescopio attraversa un filtro dicroico, che divide in due la luce acquisita: la componente visibile e la componente infrarossa. Dopodiché i due fasci vengono inviati ai due strumenti.

VIS (VISible instrument) è una fotocamera dotata di 36 sensori, ciascuno da 4000×4000 pixel. Il che significa un totale di quasi 600 megapixel! Osserva principalmente luce visibile (dai 550 nm del verde ai 900 nm del vicino infrarosso) e verrà utilizzata per mappare posizione e forma di miliardi di galassie. Osserverà un’area di circa mezzo grado quadrato, pari a 2,5 volte l’area della Luna piena. In tal senso VIS è la più potente fotocamera nel visibile mai mandata nello spazio, permettendo immagini ad alta risoluzione di oggetti deboli e lontanissimi.

NISP (Near-Infrared Spectrograph and Photometer) invece è la controparte infrarossa, e osserva luce fino a 2000 nm. Dotata di 16 sensori da 2040×2040 pixel ciascuno (oltre 66 megapixel) è anch’essa la più potente fotocamera infrarossa mai lanciata nello spazio. Come se non bastasse è dotata di una serie di filtri e di reticoli di diffrazione, che le permettono di fare fotometria multibanda e spettroscopia con la luce delle galassie osservate contemporaneamente da VIS. Saranno i suoi dati a permettere di stimarne la distanza delle galassie e a mappare la distribuzione di materia nell’universo!

Cinque domande fondamentali

Gli obiettivi scientifici ufficiali di Euclid sono solo 5, e sono anche domande tutto sommato semplici. Almeno, a prima vista, perché sono sempre le domande più semplici quelle ad avere le implicazioni più profonde, e le più difficili da rispondere.

Con la sua vista eccezionalmente acuta e profonda, Euclid andrà a indagare sulla storia e sulla composizione del nostro Universo, aiutando i cosmologi a districarsi tra gli innumerevoli modelli e ipotesi che sono andate accumulandosi negli ultimi anni.

Innanzitutto, sappiamo pochissimo su quale sia il contenuto di materia ed energia del Cosmo. Gli astronomi ipotizzano l’esistenza di due componenti cosmologiche distinte: la prima è la Materia Oscura, che con la sua gravità ha scolpito il Cosmo e le galassie al suo interno. La seconda è l’ancora più misteriosa Energia Oscura, che con il suo comportamento apparentemente repulsivo sta accelerando l’espansione dell’universo. Prese insieme, costituirebbero il 95% di tutto ciò che è contenuto nell’Universo!

Studiare la natura di queste due componenti significa affrontare altre due domande fondamentali: innanzitutto, com’è veramente distribuita la materia nel Cosmo (la cosiddetta Rete Cosmica)? E in secondo luogo, com‘è cambiata effettivamente la velocità di espansione dell’Universo? E quando ha iniziato la sua accelerazione anomala? Come se non bastasse, Materia Oscura ed Energia Oscura sono solo due ipotesi per spiegare la deviazione dei dati sperimentali dalle previsioni teoriche. Potrebbe proprio essere qui il problema: abbiamo una comprensione adeguata della gravità?

La punta dell’iceberg

Non tutto è oro quello che luccica, e in astronomia questo ha un significato particolare. Perché apparentemente non tutta la materia dell’Universo è in grado di produrre, o anche solo riflettere la luce!

La storia inizia negli anni ’30 del secolo scorso, quando l’astronomo svizzero Fritz Zwicky ipotizzò l’esistenza di una qualche forma di materia invisibile che non emetteva luce, ma tradita dal suo effetto gravitazionale sulla velocità delle galassie negli ammassi.

Senza ipotizzare la presenza di materia aggiuntiva a quella luminosa e visibile al telescopio non era possibile spiegare con la Relatività Generale di Einstein quello che si osservava. Il problema ritornò negli anni ’60 e ’70, quando Vera Rubin si mise a studiare nel dettaglio la velocità di rotazione delle stelle nelle galassie. I calcoli erano sconvolgenti: la materia buia, invisibile e sconosciuta, era 5 volte più abbondante di quella normale! Siccome non si capiva che diavolo fosse, prese la maiuscola: Materia Oscura, sconosciuta per eccellenza.

Nel 1998 arrivò un nuovo problema: osservando le supernovae lontane risultò che l’Universo non solo si stava espandendo (come scoperto da Edwin Hubble), ma che tale processo stava pure accelerando. Un fatto inspiegabile quando si considera che la gravità generata dalla materia (ordinaria e Oscura) non è mai repulsiva. L’Universo avrebbe dovuto al massimo rallentare la sua espansione, non certo accelerarla! I cosmologi allora tirarono fuori un’idea di Einstein, che lo stesso fisico a un certo punto aveva scartato, e aggiunsero una nuova componente all’Universo: siccome si comportava come una forma di energia repulsiva venne chiamata Energia Oscura, in analogia con la Materia Oscura. Tutt’oggi non sappiamo cosa sia, né se questa sia la spiegazione giusta. Nel caso fosse qualcosa di reale, l’Energia Oscura è ancora più abbondante delle componenti materiche: ben il 70% dell’intero contenuto di materia-energia del Cosmo!

Le misurazioni di Euclid, su composizione e distribuzione della materia-energia, aiuteranno molto anche solo a definire meglio la domanda ed espandere la nostra conoscenza in merito.

Una storia lunga 13,8 miliardi di anni

Il principale indizio, o problema, che ci ha portato all’Energia Oscura è proprio la storia dell’espansione dell’Universo.

Conoscere tale storia in modo accurato potrebbe allora rivelarsi lo strumento fondamentale per capire la natura di questa componente cosmica, e per eliminare molte ipotesi concorrenti sul tema. Potrebbe persino essere una quinta interazione fondamentale ancora ignota e che -al contrario delle altre- varia nel tempo e nello spazio, altro che Energia!

Euclid osserverà galassie fino a 10 miliardi di anni luce di distanza, un’epoca nota come “Mezzogiorno cosmico” alla quale avvenne il picco di formazione stellare e galattica. È allora che si stima che l’Universo abbia preso ad espandersi in modo accelerato. Mappando distanza e velocità di miliardi di galassie, Euclid sarà in grado di determinare come è cambiata l’espansione cosmica nel tempo, e da tali risultati sarà possibile determinare quale sia lo scenario più adatto a descrivere questa misteriosa Energia Oscura.

Prima misura: il lensing gravitazionale debole

Sembrano tre parole complicate, ma in realtà indicano una cosa molto più semplice di quanto sembri.

Nel 1916 con la sua “Teoria della Relatività Generale” Einstein predisse che la luce poteva essere deviata da grandi concentrazioni di massa. Ciò fu dimostrato nel 1919 da Eddington, grazie a una famosa eclisse totale di Sole. Le fotografie ottenute durante la totalità mostravano chiaramente che le stelle attorno al disco del Sole eclissato erano spostate rispetto alla posizione attesa.

Anni dopo abbiamo scoperto fenomeni di “lente gravitazionale” molto potenti: sono i cosiddetti anelli e croci di Einstein. Se due galassie appaiono giacere sulla stessa linea di vista allora la massa della più vicina “deformerà” il percorso della luce di quella più lontana, rendendola maggiormente visibile. Non per niente è proprio grazie al lensing gravitazionale forte che abbiamo visto le galassie che attualmente detengono il record di distanza.

Ma anche una nube molecolare di materia molto massiccia può esercitare questa influenza. E quindi potrebbe farlo anche la sfuggente Materia Oscura, in grado di scolpire intere galassie senza tradirsi. Ecco, osservano il “lensing debole” prodotto dalle concentrazioni di massa sarà possibile mapparne la distribuzione, ed eventualmente stanare la materia oscura dal suo alone di mistero! È proprio qui che entrano in gioco le misure dei due strumenti: VIS ci permette di determinare la forma di una galassia e quanto essa sia deformata, NISP invece misura la sua distanza e velocità. E in tal modo si può generare una mappa 3D dei “disturbi” gravitazionali generati dalla materia, che sia visibile o invisibile.

Seconda misura: le oscillazioni acustiche barioniche

Questa è un’altra insalata di parole, che però possiamo districare rapidamente.

Innanzitutto, la Storia inizia con il Big Bang. Per quanto ne sappiamo, l’universo è iniziato sottoforma di una minuscola palla di materia, energia e spaziotempo in rapidissima espansione. In questo plasma caotico, la materia e l’antimateria venivano generate spontaneamente dall’energia, e sparivano subito dopo. A un certo punto avvennero anche delle reazioni di fusione nucleare.

Questa caoticità dei nuclei atomici (fatti da protoni e neutroni: i barioni) produceva delle vere e proprie onde acustiche, che si propagavano nel plasma. Ma con il proseguire dell’espansione, tale propagazione divenne sempre più difficile. Finché, 380.000 anni dopo l’Inizio, del tutto impossibile. Era l’Epoca della Ricombinazione, che formò la Radiazione Cosmica di Fondo (CMBR). In quel momento le onde acustiche cessarono di viaggiare e rimasero “congelate” sul posto.

Si suppone che lungo le creste di queste onde primordiali si siano generate le concentrazioni di materia da cui hanno avuto origine stelle e galassie. Dai ventri delle onde invece si sono formati i grandi supervuoti tra ammassi di galassie. Queste oscillazioni sono ben visibili nella CMBR, ma non sappiamo quanto abbiano influenzato la formazione delle prime galassie. La mappa 3D realizzata da Euclid aiuterà a rispondere anche a questa domanda, cercando eventuali effetti di tali “oscillazioni acustiche barioniche” primordiali sulla distribuzione cosmica delle galassie.

Pronti a partire!

Euclid incapsulato nell’ogiva e in movimento verso il Falcon 9, la sera del 28 giugno 2023. Crediti: NSF

Alla scrittura di questo articolo, Euclid è praticamente pronto a partire. Nel corso della settimana corrente è stato accoppiato all’ogiva del Falcon 9, sono stati eseguiti gli ultimi test, l’ogiva è stata a sua volta accoppiata al secondo stadio e l’intero razzo è stato quindi spostato verso la rampa di lancio.

Il Falcon 9 dovrebbe essere il B1080 (salvo cambiamenti dell’ultimo minuto), al suo secondo volo dopo il lancio della missione SpaceX Axiom-2, lo scorso 21 maggio. L’ogiva è invece nuova di pacca, una precauzione aggiuntiva per evitare contaminazioni del telescopio a bordo.

Non mancano che i test dei motori, ed Euclid sarà pronto a partire alla scoperta dell’Universo Oscuro! La finestra di lancio istantanea è alle 17:12 italiane del 1° luglio, e si ripete ogni giorno fino al 7 luglio. Buona fortuna!

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