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Abbiamo deviato per la prima volta la traiettoria di un asteroide!

La sonda della NASA Dart ha deviato con successo l'orbita di Dimorphos attorno all'asteroide Didymos, accorciandola di ben 32 minuti

Forse non faremo la fine dei dinosauri. O, per lo meno, da oggi possiamo dire di avere qualche possibilità in più di loro per difenderci contro eventuali minacce di asteroidi. I risultati preliminari raccolti dopo l’impatto della sonda Dart contro l’asteroide Dimorphos dicono, infatti, che abbiamo deviato la traiettoria di questa piccola roccia cosmica di 160 metri di diametro. Un risultato assolutamente straordinario in quanto dimostra, per la prima volta nella storia dell’umanità, che siamo in grado di deviare un asteroide in modo efficace. Il primo, vero, test di un meccanismo di difesa planetaria che potrebbe letteralmente salvarci la pelle un giorno (lontano, si spera) in cui un asteroide decidesse di venirci adosso.

Come è cambiata l’orbita di Dimorphos

Fin dal momento dell’impatto di Dart contro Dimorphos, avvenuto nella notte tra il 26 e il 27 settembre, gli occhi dei principali telescopi terrestri e spaziali hanno costantemente monitorato l’asteroide per analizzare le conseguenze dello schianto. La tecnica è quella del transito ovvero osservare il passaggio di Dimorphos davanti a Didymos, l’asteroide più grande attorno al quale orbita Dimorphos: questo causa una diminuzione di luminosità di Didymos a causa dell’oscuramento prodotto dal passaggio di Dimorphos.

Animazione che mostra come l’orbita di Dimorphos attorno a Didymos viene vista dalla Terra, circa una settimana dopo l’impatto di DART. A gni orbita, Dimorphos passa una volta dietro Didymos attraversandone l’ombra, mentre mezza orbita dopo gli passa davanti, oscurandone parzialmente la luminosità. In realtà, solo la luce combinata di entrambi gli asteroidi può essere vista dai telescopi. Il grafico mostra come la luminosità totale diminuisca leggermente quando uno dei due corpi è oscurato dall’altro. Gli astronomi misurano gli intervalli di tempo che intercorre tra i cali di luminosità per determinare il nuovo periodo dell’orbita. Credits: NASA/APL/UMD

Prima dello schianto Dimorphos orbitava attorno a Didymos in 11 ore e 55 minuti. L’obiettivo era quello di rallentare Dimorphos di almeno 73 secondi a ogni orbita per poter ritenere un successo la missione, ritardo che, accumulandosi ad ogni rivoluzione, sarebbe quindi divenuto sempre più apprezzabile dalla strumentazione. Ebbene, i primi risultati vanno oltre ogni più rosea aspettativa: ora l’asteroide Dimorphos orbita attorno a Didymos in circa 11 ore e 23 minuti! L’orbita, quindi, non solo è stata modificata con successo ma il ritardo accumulato in ogni singola orbita è di ben 32 minuti (con un margine di errore di circa 2 minuti), oltre 25 volte maggiore del minimo ritardo atteso di 73 secondi!

Immagine scattata dal telescopio SOAR in Cile che mostra i flussi di materiale dalla superficie di Dimorphos, visti due giorni dopo l’impatto di Dart. Sulla destra, il materiale sta formando una coda simile a una cometa lunga più di 10.000 km. Credits: CTIO/NOIRLab/SOAR/NSF/AURA/T. Kareta (Lowell Observatory), M. Knight (US Naval Academy)

Un simile divario non deve assolutamente stupire e le ragioni sono diverse. Le stime fatte prima dello schianto erano infatti basate su conocenze del tutto scarne del sistema binario di asteroidi formato da Didymos e Dimorphos. Le uniche immagini che avevamo a disposizione erano dei telescopi terrestri in cui i due asteroidi apparivano praticamente puntiformi. Impossibile, quindi, avere informazioni anche solo lontanamente precise, ad esempio, della composizione di Dimorphos, della sua massa o della sua densità. Parametri fondamentali nel fornire una previsione più precisa delle conseguenze dell’impatto. Le stime erano per lo più ricavate supponendo una analogia strutturale con altri asteroidi potenzialmente simili, tipo Bennu, dei quali avevamo invece dati e immagini in abbondanza. Un altro importante fattore che ha contribuito a un rallentamento dell’orbita più corposo del previsto è l’immenso getto di detriti espulsi nello spazio dopo l’impatto tra Dart e Dimorphos. Tale getto sembra aver potuto produrre, secondo I primi dati della NASA, una sorta di rinculo simile all’aria che fuoriesce da un palloncino e che spinge il palloncino nella direzione opposta al flusso di uscita.

Immagine del telescopio spaziale Hubble della NASA dell’8 ottobre 2022 che mostra i detriti espulsi dalla superficie di Dimorphos 285 ore dopo che l’asteroide è stato colpito dalla sonda DART il 26 settembre. Credits: NASA

I risultati mostrati dalla NASA sono senza dubbio eccezionali, oltre le più rosee aspettative, ma sono solo il primo passo di un lungo, lunghissimo cammino che potrà rendere davvero efficace la tecnica dell’impatto cinetico per difendere il nostro pianeta.

Quello che ancora non sappiamo

Il monitoraggio di Didymos e Dimorphos continuerà ancora per lungo tempo, sia da terra che dallo spazio. E, come detto più volte, l’Italia in questo caso sarà assoluta protagonista. Mentre I nostri telescopi terrestri continueranno a raccogliere dati sull’orbita di Dimorphos per calcolarne la deviazione con una precisione sempre maggiore, il piccolo satellite italiano LICIACube, sganciatosi proprio dalla sonda Dart dieci giorni prima dello schianto, ha scattato oltre 700 foto cominciando quattro minuti prima dello schianto.

Timelapse prodotto con le immagini di LICIACube prima e dopo il suo massimo avvicinamento a Didymos e Dimorphos, subito dopo l’impatto di Dart con Dimorphos. Le immagini sono fondamentali in quanto mostrano i due asteroidi e il getto di detriti da prospettive uniche. Credits: ASI/NASA

LICIACube è un cubesat costruito e controllato da Argotec, con contributo di INAF, ASI e altre istituzioni italiane. Obiettivo di LICIACube è stato quello di monitorare gli effetti dell’impatto su Dimorphos, dal possibile cratere creato da Dart alla nube di detriti sollevata. Insieme alle immagini di telescopi spaziali come Hubble o Webb, I dati forniti da LiciaCube saranno di vitale importanza per capire parametri come massa, densità e forma dell’asteroide, anche grazie al fatto che LiciaCube ci sta fornendo immagini della parte degli asteroidi nascosta agli occhi di Dart nel suo avvicinamento a Didymos e Dimorphos.

Immagine di LICIACube in cui sono visibili i pennacchi di materiale espulso dall’asteroide Dimorphos dopo lo schianto di DART. Ogni rettangolo rappresenta un diverso livello di contrasto permettendo di vedere la struttura dei getti di detriti con maggior dettaglio. Credits: ASI/NASA.

Nel 2024 dovrebbe partire la missione Hera dell’ESA, il cui arrivo attorno a didymos e Dimorphos è previsto nel 2026. L’obiettivo principale di Hera sarà quello di studiare le conseguenze dell’impatto di Dart, migliorare la nostra comprensione di Dimorphos, caratterizarne l’orbita a 4 anni di distanza dall’impatto e studiare il cratere generatosi dallo schianto di DART.

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