Esplorazione spazialeSpaceX e privati
Trending

Starship ha volato!

Ebbene sì, alla fine SpaceX ci è riuscita: Starship ha volato! Nel Texas meridionale, a due passi dal confine con il Messico, sorge il villaggio di Boca Chica. Affacciata sull’Atlantico sorge Starbase, la base operativa dove SpaceX, l’azienda spaziale privata di Elon Musk, costruisce Starship. Oltre ai siti di assemblaggio e di test, qui si trova anche la base di lancio dove il razzo è partito per il suo primissimo tentativo di volo attorno alla Terra.

Si tratta di un evento storico per l’esplorazione spaziale! Quello di oggi è infatti stato il primo tentativo di volo suborbitale di questo razzo, che promette di rivoluzionare il volo spaziale nel sistema solare e al contempo di abbattere i costi drasticamente i costi per il trasporto di carico ed esseri umani sulla Luna e su Marte.

Riutilizzo? Sì e no

La riutilizzabilità dei razzi è senza dubbio il “marchio di fabbrica” di SpaceX, che ci ha abituati ai rientri controllati degli stadi già da qualche anno ormai. La differenza è che Starship è attualmente l’unico razzo che vorrebbe essere completamente riutilizzabile (cioè sono riutilizzabili entrambi gli stadi) e l’unico di SpaceX in grado di arrivare fino alla Luna e addirittura a Marte.

La Starship completamente assemblata, pronta a volare per la prima volta. Crediti: SpaceX

Pur essendo un razzo completamente riutilizzabile, però, per il suo debutto ufficiale (così come per i prossimi due voli di test) non era previsto il rientro dei due stadi alla base di lancio. Quando il razzo sarà completamente operativo, sia il primo stadio sia il secondo potranno atterrare in verticale in modo da essere utilizzati per nuovi lanci: secondo Elon Musk, la completa riutilizzabilità del razzo verrà raggiunta nel giro di due o tre anni.

Essendo però questo un primissimo volo, non sarebbe stato sicuro fare rientrare i due stadi nella base di lancio: un’esplosione accidentale avrebbe distrutto la piattaforma di lancio, oltre a rappresentare un pericolo per persone e animali nella zona immediatamente circostante. È stato così deciso di fare ammarare i due stadi.

Il piano di volo

Il primo stadio, alto 70 metri, si chiama SuperHeavy, e a volare era il prototipo chiamato Booster 7. Il programma prevedeva che 8 minuti dopo il lancio, in seguito alla separazione con il secondo stadio, atterrasse in posizione verticale nel Golfo del Messico, a 36 km dalla costa, al confine tra le acque territoriali statunitensi e quelle messicane. Lo stadio sarebbe affondato, quindi non è mai stato previsto il recupero di questo stadio.

Il secondo stadio invece è alto 50 metri e si chiama Starship (come il razzo intero). A compiere il primo test è stato il prototipo Ship 24. È questo a compiere il volo suborbitale vero e proprio, con una quota massima di 120 km e un ammaraggio previsto 90 minuti dopo il lancio. Ship 24 sarebbe dovuta atterrare in posizione orizzontale circa 100 km al largo delle Hawaii, dopo aver sorvolato l’Oceano Atlantico, l’Africa meridionale, l’Oceano indiano e le acque tra l’Australia e il sud-est asiatico. Lo stadio sarebbe stato recuperato da SpaceX. Non era prevista quindi un’orbita vera e propria, ma un volo suborbitale molto ampio (circa l’80% di un’orbita completa).

Piano di volo previsto per questo test

Nella base di SpaceX sono già pronti i prototipi per il prossimo test di volo, Booster 9 e Ship 26. Entrambi sono stati aggiornati e migliorati rispetto a Booster 7 e Ship 24, e ulteriori migliorie e modifiche verranno apportate in base alle prestazioni di questo test di volo.

Un grande botto!

Ovviamente, le cose sono andate in modo esplosivo! SpaceX ci ha abituato, con il suo ritmo forsennato di sviluppo e integrazione, a veder volare svariati prototipi, uno finito peggio dell’altro. Ricordate SN8, SN9, SN10 e SN11? Ecco, la Starship completa promette di fare ancora di meglio!

Un primo tentativo è stato fatto lo scorso 17 aprile, ma si è interrotto a 40 secondi dal lancio a causa di un problema al carico dei propellenti. Il nuovo tentativo è avvenuto oggi 20 aprile: alle 13:33 italiane i motori di Starship sono stati accesi, e con un ruggito epocale il razzo si è alzato dalla rampa di lancio. Questa era la prima condizione fondamentale per considerare il test un successo (per dire quanto basso fosse il minimo che si si attendeva dal test). Nessun veicolo così potente ha mai lasciato la superficie della Terra!

Subito è parso chiaro che qualcosa non andava. Durante il decollo si è sviluppata una nube impressionante di detriti, e appena la Ship è emersa alla vista ha mostrato che i suoi 33 motori Raptor non erano tutti accesi! Qualcosa è andato storto durante l’accensione, e tre motori sono rimasti inerti. In ogni caso la molteplicità dei motori è pensata apposta per compensare l’eventuale fallimento di alcuni di essi (come nella Soyuz e nel Falcon 9). Il volo è proseguito. Mentre il leviatano si arrampicava nel cielo del Texas, altri motori si sono spenti improvvisamente, con un evento molto energetico (un’esplosione?) a 30 secondi dal decollo. Dopo un altro minuto SpaceX ha perso la capacità di direzionare i 13 Raptor centrali (quelli che si occupano di far virare il razzo e di mantenerlo orientato).

La situazione era quindi fuori controllo, ed è stata comandata l’autodistruzione del razzo… che non è avvenuta! I due pacchetti di esplosivo (FTS) si sono limitati ad aprire dei buchi nei serbatoi, e Starship ha continuato testardamente a salire, in modo sempre più irregolare e caotico, ruotando, a un certo punto ha pure cominciato a flettere. Man mano che i serbatoi si svuotavano la loro capacità di mantenere la forma grazie alla pressione diminuiva. A circa 4 minuti dal lancio hanno ceduto, e la Starship è esplosa a 39 km di quota sopra al Golfo del Messico, senza far male a niente e nessuno.

Update post-lancio – 08/09/23

Dopo l’esplosione, la FAA ha aperto un’indagine d’ufficio, per determinare l’accaduto, così come SpaceX ha iniziato un’indagine interna. I risultati sono i seguenti:

Il pad di lancio quasi completamente sbriciolato dal
lancio sperimentale – Crediti: LabPadre
  • Contrariamente alle aspettative, il pad di lancio è stato gravemente danneggiato dal decollo. La terribile pressione acustica dei 33 Raptor ha indebolito il cemento del pad, e i gas incandescenti si sono infilati al di sotto di esso. Ciò ha sbriciolato la lastra di cemento armato rinforzato, scagliando a decine di metri di distanza i detriti, danneggiando i serbatoi della tank farm ed escavando quasi completamente le fondamenta del pad! In futuro il pad sarà protetto da una deflettore di fiamma raffreddato ad acqua, che semplicemente non era pronto per questo tentativo. Dai dati a disposizione, SpaceX era abbastanza sicura che la lastra avrebbe retto anche se non protetta ad almeno un lancio, ma tali stime si sono rivelate errate.
Starship in volo con 6 Raptor non operativi
  • La mancata accensione dei 3 Raptor al decollo è stata decretata dal computer di bordo, che li ha ritenuti “non sani”. Durante il volo una perdita di carburante ha causato un incendio nella sezione dei motori Raptor, che ha distrutto il sistema idraulico per il controllo della spinta (l’esplosione a 30 secondi). Il computer ha perso i contatti con i motori, che hanno preso a distruggersi e spegnersi da soli, e il booster è diventato ingovernabile. In futuro i motori Raptor saranno direzionati da degli attuatori elettrici, rimuovendo quindi il sistema idraulico e il suo olio infiammabile dall’equazione dei rischi. Inoltre, la separazione tra i due stadi non avverrà più meccanicamente e in modo passivo (delle molle o microcariche che separano i due pezzi allo spegnimento dei motori del primo stadio). SpaceX ha scelto infatti di seguire la strada dello “hot staging”, tipica dei Soyuz ma mai tentata per un razzo di tale stazza: il secondo stadio accende i motori mentre è ancora attaccato al primo e mentre questo sta ancora spingendo!
  • Il sistema di terminazione di volo non ha fatto il suo lavoro. Il comando è stato inviato correttamente non appena il razzo è uscito dalla traiettoria pianificata, ma per qualche motivo non ha sortito alcun effetto se non fare due buchi nei serbatoi. SpaceX ha dichiarato che il sistema sarà riprogettato.

Tutto ciò ha determinato modifiche significative al design di Starship, che si aggiungono alle 63 azioni correttive che la FAA ha imposto a SpaceX. Molte di esse sono già attive e manca veramente pochissimo al secondo test di volo integrato!

Come è fatto Starship

Il primo stadio di Starship, Super Heavy, pesa quasi 200 tonnellate e può contenere fino a 3600 tonnellate di carburante. È alimentato a metano e ossigeno liquidi, a differenza del nuovo lanciatore NASA, lo Space Launch System (SLS), che è alimentato a idrogeno e ossigeno liquidi. Il metano, pur essendo meno efficiente dell’idrogeno, è più gestibile e sicuro. È dotato di ben 33 motori Raptor 2, in grado di generare una spinta che arriva fino a 74 milioni di newton. È quasi il doppio rispetto a SLS (40 milioni di newton) e rispetto allo storico Saturn V che fu protagonista del programma Apollo a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70.

Il secondo stadio del razzo, Starship, pesa quasi 100 tonnellate. È in grado di trasportare fino a 1200 tonnellate di carburante e ha un volume di carico di circa 1000 m3, il più grande mai ottenuto per un razzo. È in grado di trasportare ben 100 tonnellate in orbita. Ha 6 motori Raptor 2, tre dei quali ottimizzati per lavorare in atmosfera e tre pensati per l’uso nel vuoto.

Sopra: engine bay del booster SuperHeavy
Sotto: engine bay della Ship

Una particolarità assolutamente inedita di Starship è che sarà in grado non solo di atterrare sulla Luna e su Marte, ma anche di ripartire senza piattaforma di lancio per fare ritorno sulla Terra. Questo è il motivo per cui è stato scelto come modulo di discesa lunare per le future missioni di allunaggio del programma Artemis!

Articoli correlati

Back to top button