ExtraViaggio nel sistema periodico

006 – Carbonio


Siamo giunti al Re indiscusso del Sistema Periodico: il carbonio! Il sesto elemento della tavola (link alla lettura della scheda) è quello dalla chimica più vibrante di tutti, così variegata e intensa da meritare un nome tutto suo: la chimica organica. Su circa 219 milioni di composti chimici scoperti, caratterizzati e pubblicati, 200 milioni sono del carbonio. Questo elemento chimico, da solo, forma un numero di composti dieci volte più grande di tutti gli altri elementi della tavola messi insieme. La chimica del carbonio è talmente complessa che ha generato quella che noi conosciamo come “vita”.

Legami ibridi

Questa sua infinita versatilità deriva in parte dalla sua capacità di formare ben quattro legami (come indicato dalla sua posizione nella tavola) e in parte da una caratteristica nota come ibridazione degli orbitali. Il carbonio è dotato di sei elettroni: due se ne stanno nel primo livello energetico, nell’orbitale 1s, e quattro nel secondo livello energetico: due nell’orbitale 2s e gli altri due in un orbitale 2p ciascuno.

Tale configurazione è tremendamente asimmetrica, perché rimane un orbitale 2p vuoto. E abbiamo già visto come la natura disprezzi profondamente questo tipo di asimmetrie energetiche. Dunque può capitare che, al momento di realizzare un legame chimico, uno dei due elettroni 2s del carbonio venga “promosso” nell’orbitale 2p vacante. In questo modo si ha una situazione più simmetrica: quattro elettroni in quattro orbitali. C’è ancora un problema però: l’orbitale 2s è più legato all’atomo degli orbitali 2p, e questo significa che c’è un’asimmetria energetica. I quattro elettroni vogliono invece fare quattro legami di pari energia, ed ecco quindi che gli orbitali p e s si fondono, formando un nuovo orbitale ibrido chiamato sp. L’ibridazione può coinvolgere tutti e tre gli orbitali p (creando quattro orbitali sp3, disposti a tetraedro), due (creando tre orbitali sp2, disposti a triangolo) o solamente uno (creando due orbitali sp, disposti in linea).

Schema dell'ibridazione sp3 del carbonio
Quattro orbitali sp3, disposti a tetraedro
Schema dell'ibridazione sp2 del carbonio
Tre orbitali sp2, disposti a triangolo
Schema dell'ibridazione sp1 del carbonio
Due orbitali sp, allineati

Questo è il segreto del carbonio. Il suo potere di ibridare gli orbitali gli permette di legarsi con sé stesso in lunghe catene con legami singoli, doppi o tripli, energeticamente stabili e molto simmetrici. È questo il trucco che rende possibile la complessità della vita.

Figlio delle stelle

Il carbonio è il primo elemento che incontriamo a essere stato prodotto dalle stelle e non dal Big Bang o dalla spallazione. In pratica, è il primo prodotto della nucleosintesi stellare, che ha permesso di esistere a qualsiasi cosa di diverso da una nuvola di gas. Ne abbiamo accennato parlando di berillio: per creare il carbonio serve un processo particolare, che ha quasi del miracoloso.

Schema della fusione termonucleare del carbonio-12 operata nelle stelle giganti rosse
Schema del processo 3α per la creazione di carbonio

Un atomo di carbonio-12, quello prodotto dalle stelle, ha infatti 6 protoni e 6 neutroni. Per costruirne uno è dunque necessario che tre nuclei di elio-4 (anche detta particella α) si fondano insieme. La reazione è però estremamente difficile, perché il primo scontro produce berillio-8. Questo è un nucleo che non ne vuole sapere di esistere perché dopo appena un miliardesimo di miliardesimo di secondo si spezza nuovamente in due particelle α. L’unico modo per creare carbonio-12 è fare in modo che una terza particella α si fonda con il berillio-8 prima che questo decada! Praticamente, è necessario che le tre particelle α si scontrino contemporaneamente o quasi, tanto che si parla di processo 3α.

Questo scontro è così stupendamente improbabile che servono temperature e densità immense per renderlo fattibile. A ciò si aggiunge una improbabilissima risonanza nucleare che sembra tarata apposta allo scopo, della quale raccontiamo nel nostro libro L’Universo su misura. Per questo il Big Bang non ha prodotto carbonio o altro: quando le condizioni erano giuste non si era ancora formato l’elio, ma dopo la formazione dell’elio le temperature erano scese troppo.

Dentro alle stelle invece la questione è diversa! Il nostro Sole al momento è intento a trasformare idrogeno in elio, ma non sarà sempre così. Al suo centro la concentrazione di elio sta aumentando, e a un certo punto si formerà un nucleo di elio inerte sempre più massiccio e caldo. Quando si raggiungono i 100 milioni di kelvin di temperatura e le miliardi di atmosfere di pressione, ecco che il processo 3α può aver luogo, e il Sole inizierà a produrre carbonio nel suo nucleo. Questo discorso vale per qualsiasi stella più massiccia di 0,8 masse solari, e siccome il processo produce molta energia ecco che la stella si gonfia molto, diventando una gigante rossa. Sono dunque servite le stelle giganti e i loro nuclei per rendere possibile il carbonio. Oggi è il quarto elemento per abbondanza del Cosmo, dopo idrogeno, elio e ossigeno.

Elemento multiforme

A pressione standard il carbonio non ha un punto di fusione o ebollizione, perché sublima direttamente allo stato gassoso a 3642 °C (la temperatura riportata in scheda). Il punto triplo si trova a ben 108 atmosfere e 4327 °C di temperatura! Non è dunque possibile avere carbonio liquido a condizioni che non siano proibitive. Nelle vetuste lampade ad arco la sublimazione avveniva a 5530 °C, pari alla temperatura del Sole! Ciò lo rende l’elemento più refrattario della tavola periodica.

Come il boro, anche il carbonio ha diverse forme solide, o allotropi. Se però il boro era un principiante, il carbonio è il maestro delle forme allotropiche! Il modo più comune che esiste di arrangiare atomi di carbonio è il carbonio amorfo, in cui gli atomi sono disposti un po’ a caso. Lo conosci semplicemente come carbone! Così come lo conoscono i nostri antenati da tempi immemori, perché di tutti gli elementi chimici fu il primo a essere stato prodotto e utilizzato in forma pura o quasi. Carbone per il focolare, fuliggine per i pigmenti.

Strutture molecolari di alcune forme allotropiche del carbonio
(a) diamante, (b) grafite (fatta di fogli di grafene), (c) lonsdaleite
(d) C60 buckminsterfullerene, (e) C540 fullerene (f) C70 fullerene
(g) amorfo, (h) nanotubo.

La prima forma minerale non amorfa che incontriamo è la grafite. Tanti fogli di carbonio, in cui gli atomi sono organizzati come una rete esagonale, legati debolmente tra di loro. Basta sfregarla per separare e depositare i fogli… la matita scrive. Nella grafite gli atomi di carbonio sono ibridati sp2, ed è un ottimo conduttore elettrico e isolante termico. L’altra forma invece non potrebbe essere più diversa: è il diamante, di cui vedete un cristallo grezzo in scheda. Nel diamante gli atomi sono ibridati sp3, formando una miriade di tetraedri ordinati. È il materiale più duro conosciuto, ed è un conduttore termico e isolante elettrico. L’esatto opposto!

Esistono decine e decine di allotropi. Prendi un singolo foglio di carbonio sp2: ecco il grafene. Avvolgilo a tubo: ecco i nanotubi. Avvolgilo a sfera: ecco le “buckyballs”, grosse molecole a forma di poliedri più o meno regolari (tra cui il C60, a forma di pallone da calcio!). Fai una catena di atomi ibridati sp con triplo legame: ecco il carbyne, 40 volte più rigido del diamante ma estremamente instabile. Gli allotropi del carbonio sono il campo da gioco della scienza dei materiali e delle nanotecnologie.

Fonte di energia

Non ultimo, il carbonio riveste un ruolo fondamentale non solo nella nostra vita in quanto parte delle nostre cellule, ma anche perché la nostra civiltà e tecnologia è ancora basata sulla trasformazione e combustione dei suoi composti organici più semplici, gli idrocarburi. Questi altro non sono che i resti di organismi vegetali (carbone) o animali planctonici (petrolio) morti milioni di anni fa, seppelliti da sedimenti impermeabili e lentamente trasformati in molecole più semplici.

Questi combustibili fossili hanno un’alta densità di energia chimica, immagazzinata nei tessuti di questi organismi dalla fotosintesi clorofilliana. Bruciandoli liberiamo l’anidride carbonica che era stata usata costruire tali tessuti e la restituiamo all’atmosfera dopo milioni di anni. E lì è libera di modificare il clima e riportarlo verso la serra tropicale che era la Terra quando questi immensi depositi fossili si formarono.

Orologio al carbonio

Il carbonio in natura possiede due isotopi stabili, a cui si aggiungono tracce di un terzo isotopo radioattivo.

Scheda della composizione isotopica del carbonio con riportato l'intervallo naturale di variazione della massa atomica
Scheda della composizione isotopica del carbonio
con riportato l’intervallo naturale di variazione
della massa atomica

1) 12C (carbonio-12) con 6 neutroni: è l’isotopo più abbondante (98,9%) e tende a fissarsi nei tessuti biologici più dei suoi compagni (nonostante gli isotopi siano chimicamente indistinguibili). La sua vitale importante lo ha reso lo standard per la misurazione della massa atomica: un atomo di carbonio-12, con i suoi 6 protoni, 6 neutroni e 6 elettroni, ha una massa esattamente di 12 unità di massa atomica. Una mole di carbonio-12 ha una massa esattamente di 12 grammi.

2) 13C (carbonio-13) con 7 neutroni: costituisce il resto (1,1%) dell’abbondanza isotopica naturale.

3) 14C (carbonio-14) con 8 neutroni: è il più interessante, in quanto protagonista della datazione al radiocarbonio. Questo isotopo infatti ha un’emivita di 5730 anni, il che significa che non dovrebbe esistere in natura. Tuttavia viene continuamente prodotto in atmosfera dai raggi cosmici ed entra a far parte di tutto ciò che è vivente. Quando gli organismi muoiono, cessano di scambiare carbonio con l’atmosfera, e quindi il loro contenuto di carbonio-14 comincia a diminuire secondo la legge del decadimento radioattivo. Misurando la proporzione di carbonio-14 in un tessuto e confrontandola con la proporzione atmosferica si è in grado di calcolare quanto tempo è passato dalla morte dell’organismo, e anche con una bella precisione! La ridotta emivita dal carbonio-14 tuttavia impedisce di risalire a più di 60.000 anni nel passato. Oltre tale intervallo temporale diventano utili altri radionuclidi.

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