Cosa ci racconta la tragedia della Marmolada sul clima che cambia
La tragedia del ghiacciaio della Marmolada è ancora tutta da comprendere. Ci vorranno tempo e analisi molto accurate, ma i primi dati e informazioni fanno pensare che la causa probabile sia un’abbondante penetrazione di acqua di fusione all’interno di uno o più crepacci, meccanismo che ha contribuito a far distaccare parte del ghiacciaio verso valle.
Fenomeni del genere hanno da sempre caratterizzato i ghiacciai, ma non possiamo etichettarlo come “normalità” se le condizioni in cui è avvenuto non sono affatto normali. Inevitabile, infatti, pensare alle anomali condizioni meteorologiche persistenti da mesi e, allargando gli orizzonti temporali, ai cambiamenti climatici che stanno interessando il nostro pianeta nell’ultimo secolo e il cui responsabile è l’essere umano.
Ghiacciai in ritirata
Sappiamo che l’aumento delle temperature globali ha effetti più o meno visibili sul nostro pianeta. La ritirata dei grandi ghiacciai della Terra è tra le conseguenze più drammatiche, visibili e misurabili dei cambiamenti climatici. Abbiamo decenni di dati scientifici, sia da Terra che satellitari, accompagnati da tantissime fotografie che mostrano inequivocabilmente la graduale scomparsa di gran parte dei ghiacciai terrestri. Le nostre Alpi non sono rimaste esenti da questo drammatico effetto del riscaldamento globale. Dal Monte Bianco alla Marmolada i ghiacciai sono in rapido ritiro.
Proprio alcuni studi effettuati negli ultimi anni sulla Marmolada hanno mostrato che il suo ghiacciaio, tra il 2004 e il 2015, ha perso il 30% del suo volume e il 22% della sua estensione. La scomparsa del ghiaccio rende il ghiacciaio sempre più instabile, espone alla radiazione solare ghiaccio sempre più vecchio e scopre la nuda roccia, più scura e quindi capace di assorbire maggiormente calore rispetto al ghiaccio bianco e riflettente. Questo aumenta la temperatura alla base del ghiacciaio, causandone ulteriore fusione, scoprendo altra roccia, in un circolo vizioso difficile da arrestare.
Vi sono poi le condizioni climatiche di medio periodo da analizzare. Dallo scorso autunno il nostro paese, specialmente le regioni del Nord, sono alle prese con una siccità devastante. Negli ultimi sei mesi le precipitazioni sono state inferiori alla metà della media stagionale, un 50% di deficit.
Una montagna in sofferenza
Se non piove, ovviamente, non nevica. Le montagne sono quindi rimaste ben presto prive di neve fino a quote ben superiori ai 3000 metri. La mancanza di neve ha ulteriormente aggravato la siccità, ma la mancanza di riserve idriche non è l’unica conseguenza. La neve che cade durante l’inverno è infatti fondamentale per proteggere i ghiacciai dalla fusione estiva, che deve consumare questa coperta prima di poter intaccare le riserve di ghiaccio. Senza neve il ghiaccio rimane esposto alla radiazione diretta del Sole, e quest’anno ciò è avvenuto con quasi due mesi di anticipo rispetto alla media. Poca neve, scomparsa molto presto, ha lasciato i ghiacciai esposti direttamente al Sole, producendo abbondante acqua di fusione. Il che ha reso ancora più instabili i ghiacciai.
Questa situazione si è drammaticamente accentuata negli ultimi due mesi. Se analizziamo le temperature misurate alla stazione meteorologica di Punta Rocca, a 3256 metri sul ghiacciaio della Marmolada, i numeri fanno rabbrividire. Ma non per il freddo. Osservando il grafico delle temperature medie si nota come tra l’11 maggio e il 2 luglio siano state ben quarantasette le giornate in cui, in vetta, la temperatura media è stata positiva, rimanendo negativa solo limitatamente per qualche ora prima dell’alba. Anzi, per ben trentuno giorni persino le temperature minime non sono mai scese sotto allo zero!
Spicca, in particolare, il pesante apporto di calore in quota registrato dall’11 giugno a fine periodo, durate l’ondata di caldo che ha interessato il nostro paese. Per ben ventidue giorni consecutivi la temperatura non è mai stata negativa, tranne il 25 giugno (un misero -0.5 °C ). Si tratta di condizioni che causano una fusione ininterrotta del ghiacciaio, che non si ferma neanche di notte a causa delle minime positive. L’acqua di fusione si accumula sempre di più nei crepacci all’interno del ghiacciaio, e questo inevitabilmente ne mina la stabilità. Il peso della vasta quantità di acqua immagazzinata si combina con la sua capacità di lubrificare in ghiacciaio, riducendo l’attrito tra il ghiaccio e la roccia di base. Il tutto diventa in grado di scivolare su una patina d’acqua, e quando si raggiunge il punto di rottura si innesca il collasso catastrofico.
Il clima che cambia
Queste condizioni meteorologiche estreme sono figlie dirette dei cambiamenti climatici. L’anticiclone delle Azzorre, che abitualmente dominava le nostre estati garantendo temperature contenute e gradevoli è posizionato sempre più a ovest, lontano dall’Europa. I grandi anticicloni africani hanno così campo libero avanzando ripetutamente sul Vecchio Continente, spingendosi in alcuni casi fino alle porte dell’Artico. Le temperature record di questi mesi un po’ in tutta Europa sono diretta conseguenza di queste anomali configurazioni atmosferiche. D’altronde i dati di giugno per l’Italia sono lo specchio di questa evoluzione drammatica: è stato il secondo mese di giugno più caldo da quando esistono le rilevazioni, secondo solo al terribile giugno del 2003.
Una tragedia evitabile?
Cosa possiamo dire, quindi, alla luce di tutte queste informazioni? Non è certo nostro compito nostro esprimere giudizi, e andare in montagna è una questione di profondo rispetto e di consapevolezza per l’ambiente che circonda l’escursionista.
Dobbiamo cominciare a guardare la montagna in modo diverso rispetto a un tempo, e questo vale anche per i professionisti del settore. Siamo di fronte a un nuovo clima, e ambienti fragili e delicati come quelli dei ghiacciai possono reagire in modo inaspettato. Gli studi scientifici ci dicono che eventi come quello di domenica potrebbero diventare sempre più frequenti in futuro. La montagna non va sfidata, mai, in nessuna situazione, perché è un ambiente estremo, alieno e indifferente ai desideri e alle vicende umani. Ecco perché l’escursionista deve essere consapevole, sempre, dei rischi a cui si espone, e deve prepararsi opportunamente.
È quindi necessario, cruciale, indispensabile veicolare una corretta informazione scientifica per poter mettere in atto una prevenzione sempre più efficace. Ecco perché la lotta alla disinformazione scientifica è un dovere morale di tutti: la disinformazione fa danni enormi, danni che purtroppo possono risultare in gravi conseguenze. Non è, e non deve essere, tollerabile la presenza di emeriti ciarlatani senza alcuna competenza o conoscenza scientifica sui grandi media nazionali, sia pubblici che privati. La disinformazione su tematiche così delicate è un atto criminale. Le conseguenze dei cambiamenti climatici sono già qui, e saranno, in futuro, sempre più presenti nella nostra vita quotidiana. Finché non si prenderanno provvedimenti radicali a grande scala per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra il problema non potrà che peggiorare.
Per approfondire:
Monitoraggio NASA del cambiamento climatico
Il ritiro dei ghiacciai globali, Nature
Il ritiro dei ghiacciai dell’Everest, Nature
Il ritiro dei ghiacciai boreali marini, Geophysical Research Letters
Il ritiro dei ghiacciai alpini
Collasso glaciale e relativa alluvione nell’Uttarkhand